19 aprile, 2013

Chi ha detto che ho messo la testa a posto? Chi ha cercato di infangarmi?




"Caro analista,

passano gli anni, finiscono le cure e io torno, inevitabilmente, a rivolgermi a lei.

Non credo di aver mai superato certi blocchi.

Ho smesso di scrivere, in cerca di chiacchiere, ma ho finito per partorire un altro amico immaginario e oggi mi arrendo nuovamente a non telefonarle, ma a scriverle questa lettera.

Forse il mio personaggio non è mai stato altro che un fenomeno da baraccone, con evidenti segni di sociopatia.
Io ricordo ancora, dottore, le mie non relazioni, i miei dialoghi incompresi, le volte in cui sono stata cacciata dai luoghi pubblici, i miei modi sbagliati di presentarmi e nel dubbio, dopo la sua cura, mi sono rinchiusa in me stessa, per non sbagliare ancora e convincermi di aver superato il problema.

Psicologo delle feci, il problema non è mai stato risolto e ho iniziato a soffrire di ansia-depressiva, perchè non potevo esprimermi e in più, mi ero completamente isolata.

Ora, non le scrivo per il rimborso della mia insoddisfazione, ma per denunciarla come il manipolatore corrotto che lei è. 

Se avevo bisogno di confidare le mie insicurezze, le mie paure, i miei dubbi sarei andata da un'amica del cuore, se avevo bisogno di drogarmi sarei andata dalla solita persona, se avevo bisogno di sdraiarmi su un lettino sarei rimasta a casa, se avevo voglia di far beneficenza avrei regalato tutti i miei possedimenti ad un barbone, se avevo intenzione di investire su me stessa mi sarei fatta le mammelle perfettamente simmetriche, invece mi sono rivolta a lei con la speranza che uno psicoterapeuta fosse qualcosa di più.

Invece  lei è solo uno che ha cercato di convincermi che avevo bisogno di aiuto per usufruire dei miei soldi, mentre io stavo iniziando a conoscere un sistema che non va.

Se lei lo avesse detto subito che non dovevo presentarmi col mio nome, ma con il mio conto in banca, forse avrei sofferto meno di sociopatia, se lei mi avesse chiarito subito che i sogni restano sogni e non portano da nessuna parte, forse ora avrei avuto anch'io un lavoro, invece lei mi diceva che ero malata, che non sbagliavo, che i problemi erano nella mia mente e poi quando si è stancato mi dà come cura vincente quella di omologarmi e sottostare alla materialità, alla frenesia, alla superficialità, ai numeri del mondo.

Ma che si fotta.
Sono entrata sana nella sua stanza e per un gioco di soldi, di sopravvivenza, per la legge del più forte di Darwin, lei voleva convincermi di non esserlo, nonostante ribellandomi al sistema avrei difeso anche lei, un'impotente che pur sapendo cosa stava accadendo si era lasciato corrompere.


Orgogliosa di non essere guarita secondo la revisione apportata alla sua ultima diagnosi, dopo che ha letto questa lettera."







ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramnete casuale

MaLoRe

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